Le cose che bruciano

Le cose che bruciano

Le cose che bruciano - Michele Serra

Attilio è un ex importante uomo politico che si è ritirato dalla vita pubblica scegliendo di vivere un volontario esilio a Roccapane, area agricola con scarsa presenza umana.

Attilio è tormentato dal suo passato ed ha deciso di distaccarsi dalle cose materiali della vita e dai rapporti sociali nella speranza che ad essi restino legati i ricordi, che naturalmente lo hanno seguito e lo tormentano anche in questa seconda fase della sua vita.

Una legge da lui proposta e derisa da tutti (l’obbligo dell’uniforme per gli studenti delle scuole di ogni ordine e grado) è stata la molla che, per superbia, lo ha respinto dalla società e con orgoglio ferito mandato a meditare sulla sua vita ed alla ricerca di una umiltà morale e materiale da cui ripartire.

Altri ricordi lo tormentano, legati alla madre ed alla zia, i cui resti mortali (mobili, quadri, lettere) lo assillano e lo perseguitano, testimoni che fare i conti con il passato spesso non significa solo discutere dei propri ricordi ma decidere anche su cosa fare di cose più materiali.

La sorella che dovrebbe condividere con lui questi orpelli è invece distante, geograficamente e idealmente: non sembra turbata dai ricordi, ed anzi conduce una vita spensierata e leggera di cui il fratello ha una segreta invidia, anche se non sarà mai pronto ad ammettere che lui prende la vita con troppa serietà.

La conduzione di una vita semplice e ritirata gli lasciano il tempo e la propensione d’animo per interrogarsi sinceramente sul suo carattere, sulle sue idee e sui suoi rimorsi.

La conclusione di queste sue elaborazioni mentali non la sapremo mai, e sinceramente non è che ci interessi un granché esplorare la miseria umana di quest’uomo.

Romanzo che non si può abbandonare a metà lettura, non lo merita, ma di cui si contano le pagine che mancano alla fine per poter passare finalmente a qualcosa di più interessante.


Le cose che bruciano – un paragrafo significativo

Non esiste una classifica permanente di quello che vorrei ridurre in cenere. Ogni sopralluogo, materiale o anche solo mentale, nelle fitte cataste in solaio, negli armadi, in cantina, nella rimessa, mi porta a rivedere il giudizio su ogni singolo oggetto. Basta pochissimo – una corrente sottile di simpatia o di antipatia, di spregio o di pietà – per cambiare le gerarchie. E altrettanto poco – un rimorso, un’incertezza – per riabilitare il condannato e condannare lo scampato.
Questo è l’elenco sommario dei materiali destinati al falò, aggiornato alle ore sei e trenta di questa mattina di giugno. Al primo posto, incontrastate regine, le otto chiavarine sfondate che dovrei fare riparare e reimpagliare da almeno una ventina d’anni; e nel frattempo, nella spietata requie del solaio, perdono peso e consistenza per via dei tarli, come certi pani quando rinsecchiscono. Sono sedie scadenti, con le gambe guaste, però “di famiglia”. Formula che contiene, alla massima potenza, il micidiale ricatto della memoria: quello che, per onorare il passato, ostruisce il presente.

Le cose che bruciano – la presentazione ufficiale

Furibondo per la bocciatura di un suo brillante progetto di legge, Attilio abbandona la carriera politica e si ritira in montagna, tra boschi e trattori. Condivide le sue giornate con la piccola comunità agreste che lo circonda: la vita all’aperto è la sua guarigione. Ma i ricordi incombono. Hanno la forma immateriale dei rapporti personali irrisolti, delle parole sprecate in televisione, delle occasioni perdute quando viveva in società. E hanno l’ingombro fisico degli oggetti che il passato ha accumulato attorno a lui. Casse e casse di libri, lettere, fotografie, documenti, mobili tarlati, cianfrusaglie. Il canapè di zia Vanda, liso e minaccioso, è il condottiero indiscusso di quello che Attilio considera un esercito invasore. Vorrebbe liberarsi di quelle cataste e comincia a progettare roghi, per ridurre in cenere il lascito minaccioso delle vite altrui. Sogna leggerezza, un cammino più spedito, più libero, sollevato dal ricatto della memoria. Fatalmente, brucerà quello che non avrebbe dovuto bruciare, in un finale di partita segnato dal classico colpo di scena e dominato dalla presenza delle donne: una moglie sempre in viaggio, la sorella femme fatale, la vicina di casa bulgara. Attraverso l’eroe attaccabrighe e insofferente del romanzo, Michele Serra guarda allo spirito dei tempi facendone emergere la rabbia, l’inconcludenza, la comica mediocrità. Ma anche le piccole illuminazioni che salvano la vita.

Le cose che bruciano - Michele Serra

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Le cose che bruciano ultima modifica: 2019-06-24T18:32:49+02:00 da Blogs Da Seguire